Scratch Card Brand

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Scratch Card Brand
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“Scratch off“ è una tecnologia di stampa che quasi tutti conoscono. Forse non con questo termine del gergo tecnico, ma se si menziona l’applicazione più nota, allora sì: il “gratta e vinci”. 

“Che cos’hanno a vedere, però, i gratta e vinci con i brand?” Chiederete voi. “Tanto” è la risposta, visto che viviamo in un’epoca nuova. I nuovi social media “grattano” con foga la facciata dei brand. Di qui, la denominazione Scratch Card Brand.

Usando altri termini, gli stabilimenti produttivi e i piani della direzione aziendale sono ormai sotto vetro. Un collaboratore scortese può essere subito messo o, come si direbbe oggi, postato online, con tanto di ubicazione geo referenziata, foto e persino video. Nel giro di pochi secondi centinaia se non migliaia di clienti hanno accesso a informazioni imbarazzanti. Immaginatevi un tubo di scarico dal quale fuoriesce schiuma, che dal retro dell’edificio aziendale fluisce nel paesaggio. Basta un attento passeggiatore munito di smartphone e la frittata è fatta.

Un tempo i consumatori dovevano semplicemente fidarsi dell’azienda, perché non erano in grado di verificare facilmente la comunicazione aziendale. Fino a non moltissimo tempo fa, i consumatori comunicavano solo in vere e proprie cerchie ristrette di amici. Erano le aziende stesse a controllare i loro punti di contatto con il cliente. Con Facebook, Twitter, youtube, tumblr & Co. è stata colmata una lacuna: oggigiorno, ognuno è più vicino al proprio marchio. Il marchio e il comportamento aziendale effettivo sono ora a più stretto contatto.

L’interazione cliente-marchio è diventata più diretta e bidirezionale. Ancora più decisivo, però, è il fatto che chiunque ha la possibilità di esprimersi in maniera immediata e spontanea attraverso i nuovi media con dichiarazioni che sono guidate dalle emozioni. Il neurologo Donald Calne ha brillantemente sintetizzato la questione con queste parole: “La differenza sostanziale tra emozione e ragione è che l’emozione porta all’azione, la ragione a trarre conclusioni”.

 

Rischio e possibilità

Una disfunzione del marchio o un semplice passo falso di un collaboratore che irrita un cliente scatenando in lui una forte reazione emotiva può ormai generare un cosiddetto “effetto palla di neve”. L’uomo in quanto animale sociale è già allenato per motivi di sopravvivenza a seguire emozioni indirette. È una capacità che sviluppò l’homo sapiens ben presto e che continua a funzionare tutt’oggi, altrimenti non esisterebbero più l’industria cinematografica che ci vende emozioni da vivere collettivamente.

La comunicazione del marchio è quindi legata anche, e soprattutto, ai sentimenti. Le emozioni primarie dell’uomo hanno in comune alcune caratteristiche: sono brevi, intense e in linea di massima non si possono controllare. Noi tutti le conosciamo: gioia, dolore, rabbia, paura, sorpresa e disgusto. Solo una di queste sei emozioni è positiva. Questo fatto implica già di per sé un alto potenziale di rischio per la moderna comunicazione del marchio.

Se poi consideriamo le emozioni secondarie più complesse, quali amore, colpa, vergogna, orgoglio,invidia e gelosia, riconosciamo che esse necessitano sempre di una cornice sociale. Non si può provare nessuno di questi sentimenti per proprio conto, al di fuori di ogni contesto e senza un qualche rapporto con gli altri. Nel caso delle emozioni primarie, invece, è diverso. Un uomo può provare da solo gioia, dolore, rabbia, paura, disgusto ed essere sorpreso.

 

La conclusione è poco sorprendente

Nell’epoca della trasparenza e dell’interazione emotiva, il brand management richiede una grande attenzione e la costruzione di emozioni positive: gioia, amore, orgoglio. E queste emozioni devono essere accorpate in una storia autentica. Partite però sempre con il “perché”. Continuate a raccontare perché ciò che fate vi procura gioia, perché vi rende orgogliosi, perché vi piace. Sembrerebbe quasi fin troppo semplice, se non fosse per il più grande nemico del marchio: l’incoerenza, con le sue mille sfaccettature e i suoi piccoli complici quotidiani. Dallo stress legato a un progetto, che vi porta a credere che altre siano le priorità, passando per la forza insinuante delle vecchie abitudini fino a semplici disattenzioni. La marea di interazioni vivibili su screen e dispositivi offre allegramente un’assistenza minacciosa.

 

Non siete soli

Se la storia è autentica, l’interazione fa crescere il posizionamento del marchio. Tutti i gruppi di riferimento, dal fornitore al cliente, condivideranno i vostri sentimenti sinceri di gioia, orgoglio e passione per ciò che fate. Diventerete partner convinti e leali, il che aumenterà la vostra gioia e il vostro orgoglio …

Finché questo non accade, si tratta di elaborare la vostra storia, molto spesso “seppellita” da fardelli eccessivamente pesanti e ormai radicati: comunicazione e siti che si assomigliano tutti; marchi che sono intercambiabili. Mettere a nudo la vostra storia personale è una strada faticosa ma necessaria, che dovreste imboccare. Lungo questo percorso, però, non siete soli, se vi fidate di qualcuno che vi racconta al proposito la sua storia, che a sua volta consiste nell’accompagnare aziende e organizzazioni alla ricerca della loro vera essenza: il perché.