La via d’uscita dal caos del marketing: il posizionamento

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Martin Kreil

l concetto di “positioning” sviluppato a inizio degli anni Settanta da Ries e Trout ha diviso, come mai accaduto prima, imprenditori, manager, consulenti, pubblicitari e ricercatori. Perfino David Ogilvy, interrogato sul posizionamento, si è lasciato andare a un lapidario “pfui”. A mio avviso, invece, è l’unico metodo efficace per costruire e gestire con successo duraturo un forte marchio imprenditoriale.

Quando si parla di posizionamento, è bene comprendere che si tratta, in primo luogo, di strategia e, pertanto, di un orientamento a lungo termine dell’impresa. Proprio nella nostra epoca frenetica, il posizionamento offre la necessaria prospettiva e chiarezza per la realizzazione degli affari quotidiani. Un esempio calzante potrebbe essere: come intendete “aggredire” il leader di mercato nel vostro settore? Non fatelo frontalmente, ma cercate di differenziarvi (“siate diversi”), assumendo un collocamento chiaro e univoco.

Massima importanza, ai fini del posizionamento, riveste la prospettiva, che nel corso del tempo è cambiata rispetto al concetto originario. Mentre, inizialmente, Ries e Trout focalizzavano l’attenzione sull’impresa, con l’avanzare dei decenni si è riconosciuto che l’elemento determinante è la percezione dei clienti. Non conta, cioè, chi riesce a portare per primo sul mercato un’innovazione, bensì chi è il primo ad essere percepito come tale (passando così dal vantaggio del “first mover” a quello del “first reminder”).

Immutato rimane, invece, il fatto che, per un posizionamento di successo, è necessaria un’attenta analisi dei target, facendo chiarezza sui propri punti di forza e di debolezza (caratteristiche univoche di differenziazione), nonché sui rischi legati ai competitor e sulle opportunità derivanti.

 

Le opportunità derivanti da un posizionamento chiaro

1.         Molto spesso, i consumatori associano i fabbisogni a un leader di mercato in una determinata categoria merceologica. È possibile immaginarsi questo processo come un cassetto nella nostra testa: la sfida è, dunque, quella di occupare i cassetti giusti nelle teste dei clienti. Ma com’è possibile riuscirci in un mondo dominato dall’eccesso di comunicazione e da cervelli posizionati su meccanismi di difesa? Una soluzione per marchi nuovi (o, fino a quel momento, sconosciuti), è quella di anteporre l’attività di P.R. alla pubblicità Grazie alla maggiore credibilità di cui godono, le pubbliche relazioni ottengono risultati più efficaci e possono essere trasferite eccellentemente sui social media, grazie al sistema del “passaparola”.

2.         Nomi, immagini, colori e parole univoche identificano il marchio nel tempo.

3.         I piani di marketing hanno un orientamento chiaro e non sono in contrasto tra loro nelle singole manifestazioni, neanche a distanza di tempo: offerta, distribuzione, politica di prezzi e iniziative pubblicitarie sono integrate tra loro, così da amplificarne l’effetto.

4.         Comunicare la posizione, anziché le caratteristiche o i vantaggi di un prodotto: è questa un’attività che non può essere copiata dai competitor.

5.         Anche le piccole e medie imprese possono “pensare globale”.

 

I rischi legati all’assenza di posizionamento

1.         La trappola del voler “fare tutto per tutti”: indipendentemente dalle dimensioni dell’impresa, l’ampliamento del mercato, di solito, si traduce in un abbandono delle promesse di beneficio unico.

2.         Il rischio della creatività: il semplice messaggio del posizionamento è sufficiente, oserei dire addirittura brillante e sicuramente più sicuro del cambiamento continuo, cui sono esposti i clienti che devono accettare i mutamenti della percezione.

 

Il posizionamento “mette le ali”!