Il mero beneficio del cliente


Siamo costantemente alla ricerca di qualcosa: acquistiamo, conserviamo, raccogliamo, consumiamo, ripuliamo, smaltiamo… ma tutto ciò a che pro? A livello razionale, per goderne i benefici ma, sul piano emotivo, anche per gustare la sensazione del possesso. “Il cliente vuole un’auto tutta sua o punta invece sulla mobilità?”.
Cominciamo con la classica suddivisione dei beni in base a durata e scopo d’utilizzo.
|
A questo proposito, è possibile individuare un modello per valutare se clienti e consumatori sono disposti a rinunciare alla spinta emotiva del possesso?
Il mio approccio mi porta all’osservazione del “valore cliente” e dei costi investiti per ottenerlo, escludendo da ulteriori considerazioni i beni d’uso quotidiano consumati da persone e imprese. Per ogni altro prodotto posso individuare velocemente argomentazioni e, talvolta, anche proposte concrete sul mercato, in cui il beneficio è percepito anche in assenza del fattore “possesso”.
Un approccio per i beni strumentali
In realtà, proprio questi dovrebbero essere i più indicati per la ricerca di un beneficio a sé stante, in cui il possesso giochi un ruolo marginale. Esiste una serie di esempi in tal senso, anche se spesso le decisioni d’acquisto sono influenzate da altri fattori: ad es., può risultare più importante la durata d’utilizzo ai fini fiscali, rispetto al ciclo di vita del prodotto.
Il rapporto tra costo d’acquisto e costo del beneficio è un criterio decisionale che ben si adatta alle mie riflessioni. I settori economici ad alta intensità di capitale erigono elevate barriere d’ingresso e di sviluppo attraverso i cicli d’investimento. Pertanto, le imprese con ambizioni di crescita sono il target ideale per il pagamento dei benefici derivanti dalla fornitura di beni strumentali.
Un altro approccio per i beni di consumo
All’apparenza, i beni di consumo servono più a sottolineare il nostro stato sociale che a dare un beneficio effettivo. Almeno questa è la mia convinzione. Per questo, dovrebbe cambiare anche l’approccio nei confronti del valore del possesso: come consumatore, non devo necessariamente possedere l’abitazione nel quartiere più in vista della città per far parte del gruppo sociale cui ambisco. I beni del segmento lusso sono un esempio perfetto.
Questo tentativo dimostra in maniera molto semplice e verosimile che, in futuro, nello sviluppo delle proposte commerciali, dovremo concentrare la nostra attenzione, ancor di più rispetto al passato, sui fattori che condizionano le decisioni d’acquisto. Determinante non sarà solo la frequenza d’utilizzo (quella occasionale offrirà sempre un terreno fertile per la rinuncia al possesso: pensiamo al noleggio dell’attrezzatura sportiva invernale), poiché acquisiranno un peso maggiore anche altre caratteristiche dei clienti e consumatori.
In tal senso non è facile individuare un modello semplice, anzi, sarà sempre più complesso. Tuttavia, manifestando la corretta propensione ad analizzare le esigenze del mercato, ritengo che le imprese abbiano straordinarie potenzialità, in particolare, quelle che intraprendono sforzi specifici in tema di economia sostenibile e circolare.
Al più tardi, quando l’acquirente acquisisce la consapevolezza che la spinta emotiva del possesso è sempre legata a un fardello, il beneficio passa in primo piano.