Carriere brevi, debito pubblico elevato

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Heinrich Riffesser

È un dato di fatto: se paragonato con quello di altri Paesi come Francia, Germania, Stati Uniti o Giappone, in Italia e Spagna il potenziale dell’eccellenza femminile non viene riconosciuto.

Facendo un confronto con i dati delle tabelle sottostanti, salta immediatamente all’occhio come le donne entrino troppo tardi nel mondo del lavoro, vi restino un tempo troppo breve e lo lascino sin troppo presto.Tutto ciò ha conseguenze disastrose sull’economia: non a caso, entrambe queste nazioni sono le più deboli a livello economico. La redditività di uno Stato può essere garantita solo nella misura in cui la sua popolazione lavora molto e soprattutto in modo efficiente, è mentalmente prestante, trova rapidamente un’occupazione e rimane a lungo nel mondo del lavoro. Questa leva del successo è valida sia per un Paese, sia per un’azienda: anzi, si è rivelata il motore dell’efficienza per eccellenza.


Ogni nazione o azienda deve concentrarsi su ciò che sa fare meglio e che dà origine a eccellenti prestazioni, senza commettere l’errore fatale di accumulare debiti, finalizzati a finanziare la propria decadenza. Naturalmente, uno Stato può vivere una situazione di recessione e, per questa ragione, è costretto a rivitalizzare la sua economia, nel breve termine, con un deficit spending (indebitamento). Nel lungo termine, invece, questa manovra si trasforma in un peso per l’intera popolazione, soprattutto per le fasce più giovani, sui cui grava maggiormente. Pertanto, un Paese dovrebbe indebitarsi solo se, così facendo, dà origine a un effetto leverage, ovvero ottiene maggiori profitti rispetto ai costi (tassi d’interesse).

Un ulteriore problema dello Stato italiano è la spesa pubblica destinata alle pensioni: oltre il 30% viene investito nell’età avanzata, a scapito dei cittadini più giovani.

Tuttavia, l’Italia ha la fortuna di sorgere in una posizione molto favorevole: la regione del Mediterraneo, infatti, rappresenta la chance del futuro. La popolazione mondiale passerà da 1 1 3 3 (1 miliardo in America, 1 miliardo in Europa, 3 miliardi in Africa e 3 miliardi in Asia) a 1 1 4 4, dove proprio il Continente Nero farà registrare la crescita maggiore forte del più consistente potenziale di sviluppo.

Già nel 1995, in occasione della conferenza di Barcellona, è stato riconosciuto la capacità ancora poco sfruttato di quest’area e si è ricercato un modo per spianare la strada a una crescita tra UE e Stati meridionali del Mediterraneo.

Osservando il grafico sottostante, con un +56,4%, la regione del Mediterraneo ha registrato il maggiore sviluppo, superando addirittura il Brics.

Ciò è confermato anche da dati e fatti del 2014, periodo in cui l’Italia ha esportato merce per ca. 30 miliardi di Euro in questa regione, superando le esportazioni verso Cina, Stati Uniti o Russia. Il nuovo modello di coesione, che coinvolge le aziende private su entrambe le rive del nostro mare, potrebbe valorizzare la realtà delle piccole e medie imprese e promuovere un riposizionamento dell’industria italiana.

Se il nostro Stato vuole svincolarsi dalla situazione di precarietà in cui è momentaneamente avviluppato, è fondamentale che:

1. le persone possano restare più a lungo nel mondo del lavoro rispetto a oggi e, soprattutto, che vengano inserite in posizioni adatte a loro.

2. venga investito di più sui giovani, i quali devono essere agevolati nel loro ingresso nel mondo del lavoro

3. l’amministrazione pubblica sia più efficiente e composta da poche persone ma capaci, in grado di decidere. Proprio questo settore, infatti, è restio a prendere delle decisioni per paura di commettere errori

4. il cosiddetto “uomo scelto” venga inserito nel settore in cui possa garantire eccellenti prestazioni

5. non si perda di vista la regione del Mediterraneo, poiché è la culla del nostro futuro.