3. Passaggio d’impresa: cosa fare in caso di conflitto?

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54413. Passaggio d’impresa: cosa fare in caso di conflitto?
Horst Völser

Una volta portate a termine le principali attività preparatorie per il passaggio d’impresa, è importante conoscere le modalità di gestione di eventuali conflitti.

Nella prassi, il trasferimento di un’azienda comporta spesso situazioni conflittuali, che possono sfociare in piccole o grandi tensioni.

Per un verso, i conflitti richiedono energia e accendono gli animi alla ricerca della “ragione”, ma per l’altro è proprio dalle situazioni più difficili che hanno origine le soluzioni migliori, che stimolano la creatività e spingono a individuare risultati, talvolta ricorrendo a ingegno e fantasia.

In quest’epoca dominata dall’incertezza, può essere utile disporre di un interlocutore con cui affrontare le sfide e le preoccupazioni. Ciò vale sia per il successore che per il subentrante e i collaboratori.

In casi particolarmente complessi, può essere opportuno rivolgersi a un coach o a un mediatore professionale.

 

Il coach cerca di gestire e risolvere i conflitti individuando gli interessi particolari in campo e definendo ciò che è davvero importante per tutti. Alle parti coinvolte presenta una sorta di specchio, per richiamare la loro attenzione sui loro atteggiamenti individuali e sulle conseguenze che ne derivano. In molti casi, porre sotto i riflettori i comportamenti di ciascuno è sufficiente per trovare una soluzione comune. Il coach è quindi una sorta di accompagnatore che, attraverso domande mirate e una conduzione professionale dell’incontro, guida le parti nel fare chiarezza su aspetti razionali ed emotivi. Nel corso di un colloquio viene ricercato un risultato comune, basato su apertura e fiducia. Se non è possibile risolvere la controversia internamente con l’aiuto di un coach, è necessario ricorrere all’aiuto o al giudizio di terzi (giudici, organo di arbitrato, ecc.).

In questi casi, spesso ci si affida a un legale, tenendo presente che i processi possono essere molto dispendiosi in termini economici e temporali. Un altro svantaggio è determinato dal fatto che tali decisioni vengono prese prevalentemente sulla base di argomentazioni oggettive e meno su aspetti emotivi; infine, i soggetti in causa hanno la possibilità di condizionare solo in minima parte il verdetto finale.

Un’alternativa a delegare la decisione a terzi è il processo di mediazione. Il mediatore professionale ha il compito di aiutare le parti in lite a raggiungere un accordo tramite una soluzione individuata congiuntamente e condivisa da tutti. Al mediatore non spetta, quindi, il compito di risolvere la controversia o fare tentativi per addivenire a un accordo, ma solo di avviare un processo in cui tutti possano esporre apertamente il proprio punto di vista e andare insieme alla ricerca di una soluzione. Vengono così fatti emergere i potenziali fattori di conflitto oggettivi ed emotivi, insieme al diritto e al riconoscimento della propria prestazione. L’obiettivo è identificare ciò che davvero è essenziale e a cosa i soggetti coinvolti non possono rinunciare, ma anche ciò a cui sono disposti a fare a meno.

In linea di massima, i conflitti sono qualcosa di positivo, dipende solo dall’impostazione di ciascuno, che può limitarsi a riscontrare che qualcosa non va (negativo) oppure intravedere spazio di miglioramento (positivo).

 

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